6 dicembre 2011

È tempo di futuro


di Antonio Nicoletti*

Nel dare un giudizio sui vent’anni della 394/91 è giusto sottolineare l’innovazione che ha apportato nella gestione delle aree protette. È stato uno strumento fondamentale per realizzare un sistema diffuso di aree per la tutela della biodiversità, condiviso, partecipato e federalista. Grazie alla legge si è passati dai 5 parchi del ‘91 ai 23 di oggi, dal 3 all’11% di territorio protetto. Nei suoi contenuti fondamentali è stata attuata, soprattutto rispetto ai principi e al regime giuridico delle aree protette, alla realizzazione del sistema nazionale e al modello autonomo dell’ente parco, alla co-presenza nel consiglio direttivo di rappresentanti della politica, degli interessi diffusi e della ricerca, nell’aver previsto incentivi a favore dei territori e aver attribuito all’ente parco poteri pianificatori sovraordinati.

Antonio Nicoletti, Legambiente
Ma dopo vent’anni è tempo di riflettere su come la “manutenzione” della normativa può rilanciare l’esperienza dei parchi e sulle possibilità che il rinnovamento del sistema può offrire contro la perdita della biodiversità, e per incentivare lo sviluppo sostenibile. Esistono diversi punti che hanno bisogno di essere migliorati perché il sistema di tutela risulti davvero efficace e integrato. In particolare necessita di un adeguamento alle esigenze delle direttive europee successive al ‘91, che la gestione delle aree marine sia omologata a quella dei parchi, di una semplificazione della governance degli enti parco che ne riduca i componenti e li sburocratizzi. Bisogna inoltre migliorare il ruolo della comunità del parco e il rapporto fra cittadini ed enti parco, potenziando trasparenza e partecipazione. La modifica sarebbe anche un’opportunità per far emergere i parchi dal cono d’ombra in cui sono relegati da oltre un decennio. Va contenuta l’invadenza della politica nella scelta dei presidenti e il ricorso ai commissariamenti, recuperato un rapporto di collaborazione con le Regioni nella pianificazione per far diventare i parchi laboratori di green economy.

Le aree protette devono incidere di più nelle scelte per mitigare i cambiamenti climatici: per questo deve aumentare la percentuale di territorio tutelato, come da accordi già presi in sede internazionale (entro il 2020 il 17% a terra, 10 mare e coste), investire per evitare il degrado del territorio e recuperare un ruolo nelle strategie euromediterranee di conservazione. L’anniversario, insomma, deve essere l’occasione per immaginare un nuovo futuro per i parchi, di cui abbiamo ancora bisogno.

* responsabile aree protette di Legambiente

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