5 maggio 2015

Amianto, assedio silenzioso

La sua pericolosità è nota ormai da decenni. Eppure all’amianto si continua a pagare un prezzo altissimo di vite umane. Uno studio nel Lazio rivela la dimensione del rischio cui siamo tutti esposti / di FRANCESCO LOIACONO e MATTEO NARDI



Un nemico pubblico è fra noi e causa quattromila  morti l’anno. Nonostante sia stato messo al bando  ben ventitré anni fa con la legge 257 del 1992,  l’amianto è ancora molto diffuso in Italia. E più passa  il tempo, più diventa pericoloso. Perché degradandosi  le sue fibre si disperdono più facilmente  nell’ambiente. Le cifre sono inquietanti. Secondo  stime del Cnr e dell’Ispesl ci sono circa 32 milioni di tonnellate  di amianto nel Belpaese. Sono inoltre 50.000 gli edifici pubblici e  privati ancora da bonificare. Ma le bonifiche proseguono a ritmi  lentissimi. Nel Lazio, ad esempio, andando avanti con la velocità  attuale l’ultimo pezzo di fibra verrebbe rimosso nel 2100.  E questo nonostante nel 2013 sia  stato approvato il Piano nazionale  amianto. «Uno strumento che prevede  finanziamenti per rimuoverlo  da edifici come le scuole, incentivi  per la sostituzione dei tetti in  eternit con i pannelli fotovoltaici,  ma che ancora non decolla – denuncia  Fulvio Aurora, presidente  dell’Associazione italiana esposti  amianto (Aiea) – Qualcosa è stato  fatto, ma manca molto, mancano  soprattutto i fondi per dare attuazione  al piano. Senza dimenticare  che molti siti contaminati dall’amianto  rientrano nei Sin, i siti inseriti  nel Programma nazionale  di bonifica del ministero dell’Ambiente  ». Sono 75.000 gli ettari di  territorio ricadenti nei Sin in cui  è presente l’amianto: aree industriali  da bonificare, dall’amianto  come da altri agenti inquinanti.  Insomma, un’emergenza che si  intreccia, diventando esplosiva,  con altri ecocidi (vedi box a destra).  E che non ammette ulteriori  ritardi: il numero di morti per  mesotelioma pleurico, tumore ai polmoni, alla laringe, alle ovaie  (fra le più gravi patologie causate  dall’amianto) è destinato a crescere  alla luce del lungo periodo di  latenza della malattia, tanto che  gli epidemiologi prevedono un picco  dei casi già nei prossimi anni. 

REGIONE IN RITARDO 
Un milione. È il numero spaventoso  delle tonnellate di amianto  che si trovano nel Lazio. Per avere  un’idea di quanto sia grande  questo numero, basti pensare che  una gigantesca portaerei americana,  a pieno carico, arriva a pesare  circa 100.000 tonnellate. È come  se nella regione fossero parcheggiate  dieci enormi portaerei d’amianto.  Un materiale killer che  ha fatto, dal 2001 a oggi, 1.042  vittime nel Lazio, e non solo fra i  lavoratori. Lo dimostra il numero  crescente delle donne afflitte da  mesotelioma. «L’ipotesi è che ci  sia una componente ambientale  dell’esposizione all’amianto – dice  Francesco Forastiere, direttore    dell’unità operativa complessa  del dipartimento di Epidemiologia  del Servizio sanitario del Lazio,  che ha registrato tutti i casi  di mesotelioma nella regione dal  2001 al 2013 – Per gli uomini si  tratta di un’esposizione da lavoro, lo dimostra la distribuzione  geografica dei casi di mesotelioma  maschili, ad esempio nella Capitale:  sono quasi tutti nei quartieri a  est a presenza operaia. Mentre la  distribuzione geografica è diversa  per le donne – continua – si trovano soprattutto nel centro e al nord  della città. Ecco perché ci domandiamo:  “questi casi femminili sono  dovuti a esposizione ambientale?”.  Ci sono molte abitazioni con tetti  in eternit e altre strutture in  amianto. Ecco perché ipotizziamo  un’esposizione ambientale».  

FIBRA SECOLARE 
In dieci anni sono state rimosse  soltanto 100.000 tonnellate del  materiale e solamente il 12% del  territorio è stato regolarmente  mappato e individuato da satelliti,  aeroplani o moderni droni, il  cui utilizzo sperimentale è partito  nel luglio 2014 nel Municipio I a  Roma. Se la bonifica continuerà  con questi ritmi ci vorranno altri  cento anni perché il Lazio sia libero  dall’amianto, ma ogni anno  che passa il rischio di incidenti  aumenta sempre di più. Ne è un  esempio l’incendio che ha colpito  lo scorso 17 gennaio la Cemamit,  storica fabbrica di cemento amianto  del frusinate, che si è poi fortunatamente  rivelato circoscritto solo ad alcuni rifiuti abbandonati  nei pressi del complesso.

LEGGE DI SPERANZA 
L’emergenza laziale è stata al centro  del convegno “Per una regione  libera dall’amianto” che si è svolto  il 4 febbraio, proprio nella sede della  Regione, fra le testimonianze degli  esposti e degli studiosi sotto lo  slogan Non possiamo aspettare oltre.  «Dobbiamo trattare in modo organico  e sinergico la mappatura, la  sorveglianza e la prevenzione sanitaria,  lo smaltimento, le bonifiche  e le informazione ai cittadini, oltre  che la formazione degli operatori»  spiega Cristiana Avenali, consigliera  regionale che ha presentato  una legge con la quale si vorrebbe  istituire uno “Sportello amianto”  nelle Asl e rendere gratuite le prestazioni  diagnostiche. Il testo di  legge vuole inoltre promuovere un  registro degli edifici con presenza  di amianto e la creazione di un nucleo  amianto per il coordinamento  delle azioni e il recupero delle risorse  necessarie. «Questa proposta  di legge – prosegue Avenali – cerca  di affrontare in maniera concreta  e sistemica i problemi legati all’esposizione  all’amianto in modo da  sopperire ai tanti ritardi ormai  ventennali. È iniziato un percorso  importante per fornire ai cittadini  uno strumento al servizio della  loro salute e di quella del territorio  – conclude – Le prossime settimane  saranno utili per recuperare  tutte le proposte, le istanze e le  necessità migliorative del testo di  legge proposto, affinché anche il  Lazio possa finalmente dotarsi di  una legge regionale in materia».  Intanto, rivolgendosi al nuovo  Sportello amianto del Municipio I  di Roma Capitale, i romani potranno  essere assistiti nella rimozione  di manufatti contenenti amianto a  costi calmierati. Lo sportello, online  per il primo anno a cura dell’Aiea,  prevede anche assistenza e  supporto presso le Asl competenti  per gli esposti o ex esposti. Sono  i primi passi per un futuro libero  dall’amianto. Ancora lontano.

(di Francesco Loiacono e Matteo Nardi, pubblicato su La Nuova Ecologia di maggio 2015)

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