27 febbraio 2014

Per prevenire le alluvioni meno cemento e più manutenzione



Curare i versanti e prevenire le piene. La ricetta del geologo Guido Paliaga

Intervista di Francesco Loiacono

Genova, vista dal quartiere Quezzi
Gestire i torrenti è difficile. Occorre più cura del territorio che interventi in cemento. E soprattutto bisogna avere rispetto per questo tipo di ambiente: «Perché l’acqua che scende dalle montagne non è come quella che scorre nei tubi di casa, è carica di detriti, vegetazione e rifiuti. E pesa tantissimo» avverte Guido Paliaga, vicepresidente dell’ordine dei geologi della Liguria.




Guido Paliaga


Dopo l’alluvione del 2011 le sembra che Genova abbia voltato pagina sul piano della pianificazione urbana?
Sinceramente grandi cambiamenti all’atto pratico non ne vedo. Ci sono state, e sono importanti, campagne di comunicazione rivolte ai cittadini sui comportamenti da tenere in caso di eventi estremi. Visto che non si può eliminare il rischio di esondazione almeno si comincia da questo.

Si parla tanto dello scolmatore per mettere in sicurezza il Fereggiano. Come valuta questo tipo di opere?
È una soluzione molto costosa, un’opera mastodontica che non si sa neanche quando sarà ultimata. In realtà il problema va affrontato con un’ottica più ampia, investendo sulla manutenzione del territorio.

In che modo?
Un problema critico c’è in val Bisagno, dove i terrazzamenti sono abbandonati. Quando non c’è manutenzione i muretti crollano e aumenta così anche il trasporto solido nei torrenti. Non dimentichiamo però che un sintomo di cattiva gestione sta anche nell’abbandono della spazzatura sui monti o gli incendi che ci privano della protezione degli alberi e fanno aumentare l’erosione.

Ma il Comune di Genova può intervenire nella gestione del territorio che gli sta a monte?
Un comune grande può dire la sua visto che i problemi arrivano in città. Teoricamente i piani di bacino sono un ottimo strumento ma non si fa abbastanza. Dovremmo piuttosto adeguare gli studi, è importante pensare a come sarà il territorio fra trent’anni, pensare alle precipitazioni future che saranno, ormai è acclarato, sempre più spesso di forte intensità. Infine bisogna incentivare e formare i giovani che tornano all’agricoltura, anche sfruttando i fondi europei.

Intanto la Legge di Stabilità finanzia la prevenzione con 180 milioni di euro in tre anni.
Questi fondi sono briciole. Basti pensare a quanto costano opere come lo scolmatore. Servono invece interventi meno eclatanti e più diffusi, forse i 180 milioni basterebbero solo per conoscere il territorio italiano. Ci vuole poi un monitoraggio continuo. Dobbiamo razionalizzare tutto perché di suolo ne abbiamo consumato tanto. Anche in regioni come la Liguria, avara di suoli, ci sono spazi che possono essere recuperati senza costruire altro.
 


(Intervista pubblicata sul numero di dicembre 2013 de La Nuova Ecologia) 

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